Nasceva a Recanati, il 29 giugno del 1798, Giacomo Leopardi. Molti sanno di lui “vita, morte e miracoli”, ma pochi conoscono la sua passione per la cucina, curata ed approfondita nell’ultima parte della sua vita (forse la più felice?), che trascorse in compagnia dell’amico Antonio Ranieri a Napoli; città che lo stesso Leopardi definì abitata da un popolo “affricano”. Tuttavia Leopardi amava questa città, affollata e meta di molti viaggiatori del Grand Tour.
L’amicizia tra i due ,consolidatasi nel periodo in cui Leopardi visse a Firenze, fu suggellata da quando i due si trasferirono a Napoli nel 1833 dove vissero con la sorella di Ranieri, Paolina; frequenti sono le uscite dei tre a Villa Ferrigni ( nota come “Villa delle Ginestre”,dove poi si recheranno stabilmente a causa del colera che imperava a Napoli nel 1837) , insieme ad un altro personaggio fondamentale, Pasquale Ignarra, un cuoco rivoluzionario, esule politico dopo l’epopea della Repubblica Partenopea del 1799.
Leopardi e Ignarra rielaborano svariati piatti, nei quali il poeta manifesta competenze di antiche tradizioni culinarie(in primis marchigiane) ed elaborano una cucina ultraregionale, realizzando una sorta di unione gastronomica italiana (d’altronde “la tavola” è uno dei luoghi dove ci si sente più uniti e dove ogni malumore della vita quotidiana può trovare una stessa linea di fine di fronte ad una bella porzione di Vincisgrassi). E’ come se Leopardi ci lasciasse un testamento culinario, realizzando una lista autografata di quarantanove pietanze. Ecco qui alcune sue annotazioni:
“Si comincia con l’antipasto: la felliata di salumi, caciocavallo, Provolone e uova sode; qua e là riccioli di burro e croccanti fette del pane lungo insieme a due filetti rosati di acciughe di Cetara. Si continua con il Tortano ( questo, un impasto a base di acqua, farina e sugna, sale e pepe; ci si aggiungono generosamente dei pezzetti di salame, dei cubetti di caciocavallo e pecorino, in più del formaggio grattugiato. Si passa in forno)…Arrivano gli gnocchi di cappone al coulis di vitello. Qui la preparazione è stata complessa. Intanto si lavora su tre capponi: due sono stati messi in un forno lento; i succhi che se ne ricavano si mischiano al terzo che,completamente disossato, è tritato fine; qui con pane bagnato al latte e uova si fa un buon impasto; continuando con l’aggiunta di pezzetti di rosso d’uovo sodo, si finisce riducendolo a tocchetti: gli gnocchi. Mentre questi si riposano, si preparano il coulis di arrosto di vitello(un misto di sugo e trito delle carni). E’ nel brodo della minestra maritata che si ripasseranno gli gnocchi; da qui ricoperti del coulis e di una grattugiata di caciocavallo, si sono ritrovati a tavola…Si conclude con la Pastiera, dolce carico di simboli che dividendolo, si rivelano, in un profumo intenso di arancio e rose, alla visione lieta di quel cuore di chicchi di grano, i primi, della terra rinata con la bella primavera. Finissimi canditi… A tavola oltre alla caraffa d’acqua del Serino, appannata di purezza, ci accompagniamo con il Gragnano, leggermente frizzante; il Taurasi, generoso; terminiamo con la Malvasia, squisita.”
(Domenico Pasquariello “Degò” e Antonio Tubelli, Leopardi a tavola)
Sempre dal libro “Leopardi a Tavola” di Domenico Pasquariello “Degò” e Antonio Tubelli:
n.25, Bodin di ricotta:
Ingredienti:
150gr di zucchero a velo
100gr di gocce di cioccolato
un bicchiere di rum
un bicchiere di maraschino
4 tuorli
10 gherigli di noce
150gr di canditi (cedro)
Procedimento:
In una ciotola setacciare la ricotta e lavorarla con lo zucchero a velo ed i tuorli d’uovo, aggiunti uno alla volta. Aggiungere i liquori con i canditi a pezzetti e i gherigli di noce. Disporre nelle ciotoline e lasciare per almeno 3 ore in frigo. Servire.
Silvano Pierini nell'elaborazione del "Bodin di ricotta"(fonte: http://www.vocedellavallesina.it/2009/26/voce%2026-2009.pdf pagina 11)
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